il Punto Coldiretti

Ovoalbumina nel vino, inutile inserirlo in etichetta

La questione se prorogare o meno l’esenzione per gli allergeni derivati dall’uovo dall’indicazione sull’etichetta dei vini ha recentemente impegnato il Comitato Permanente per la Catena alimentare e la Salute Animale (l’organo tecnico che rappresenta gli Stati dell’Ue), senza che si sia ancora arrivati a una decisione.

Il tema è stato accompagnato dalla discussione altri aspetti della sicurezza alimentare, come la fissazione di soglie tecniche al di sotto delle quali non prevedere l’indicazione in etichetta, o l’utilizzo di immagini e pittogrammi per renderli più immediatamente visibili ai consumatori. Gli Stati membri si sono divisi su diversi punti: per alcuni non ci sarebbe nessuna giustificazione scientifica all’esenzione richiesta dall’industria mentre la Commissione Europea ha ribadito che attualmente non è stata fissata una “soglia sicura” per ovoalbumina e derivati dell’uovo, che – in base alla direttiva Ue sugli allergeni (2003/89) – vanno indicati in etichetta a tutela dei consumatori.

Le proteine dell’uovo come quelle del latte – la discussione riguarda anche caseina e derivati – vengono utilizzati come chiarificanti dei vini e, quando aggiunti in quantitativi definiti dai protocolli enologici, vengono eliminati con le successive filtrazioni. Per questo, scrivere “contiene” ovalbumina (o caseina) come si fa per i solfiti – che sono realmente presenti nel vino – può apparire uno scrupolo eccessivo.

Inoltre, sebbene le due sostanze siano potenzialmente allergeniche, non esisto ad oggi a livello mondiale evidenze mediche di reali casi di allergie mediante il loro utilizzo. Attualmente, in base alla normativa sugli allergeni, il vino deve indicare la scritta “contiene solfiti” mentre quello da agricoltura biologica promette di eliminare il problema e può quindi rappresentare una valida alternativa per coloro che non vogliono privarsi di un buon bicchiere. In ogni caso, il contenuto di solfiti non può superare determinate soglie (160 mg/kg per i rossi e 210 mg/kg per i bianchi, mentre per i vini dolci arriva a 400 mg/kg). I solfiti hanno attività antimicrobica e antifungina e possono risultare fondamentali – nei limiti consentiti di utilizzo – per assicurare un prodotto sano e di qualità.

Se passasse il rifiuto della richiesta di deroga, l’autorizzazione per la commercializzazione i vini trattati con ovoalbumina o caseina avverrà fino a esaurimento delle scorte dei vini commercializzati prima del 30 giugno 2012. Dopo questa data, i vini trattati con questi coadiuvanti tecnologici avranno un’etichettatura specifica, come previsto dal Regolamento europeo della Commissione del 22 dicembre 2010, che modifica la Direttiva 2007/68/Ce sugli obblighi in materia di etichettatura dei vini.

Fermo restando il principio della precauzione, che Coldiretti non vuole mettere in discussione, si rileva come in questo caso si determinerebbero inevitabilmente enormi aggravi burocratici e di costi per i produttori, che si troveranno a dover modificare le etichette dei propri vini e sostenere analisi costose per verificare la presenza di eventuali residui.

Non a caso, la mancanza di una definizione di soglia minima – come è stato invece fatto per i solfiti – determina inevitabilmente grosse incertezze per le aziende che, nel dubbio, finiranno per indicare  il prodotto come contenente ovalbumina o caseina, dando un’informazione poco veritiera, trattandosi di quantitativi infinitesimali.

Registrato presso il Tribunale Civile di Roma, Sezione per la Stampa e l'Informazione al n. 367/2008 del Registro della Stampa. Direttore Responsabile: Paolo Falcioni.
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