il Punto Coldiretti

Qualità e origine, l’impresa agricola protagonista del cambiamento

L’impresa di oggi e di domani deve essere in grado di interpretare il cambiamento sia dell’economia che delle esigenze del consumatore. Questo il punto di vista espresso da Coldiretti in occasione di una conferenza tenutasi a Parma sui fattori di innovazione, competitività e accesso al credito nell’ambito dei diritti di proprietà industriale e intellettuale delle piccole e medie imprese, organizzata dal Ministero dello Sviluppo Economico e l’Ompi (Organizzazione mondiale in difesa della proprietà intellettuale)

La produzione italiana e la sua eccellenza, anche all’estero, sono indiscutibili, ma è necessario cambiare prospettive e strategie, alla luce di quella che si delinea sempre più come un’economia della conoscenza (così l’ha definita il mediatore del Panel sulle strategie nel settore agroalimentare Marco Marzano De Marinis), incentrata sul prodotto inteso anche come marchio, marca, e quindi origine e accreditamento. Per farlo è necessario un approccio dinamico, che guardi alla capacità innovativa ma anche alla sua cristallizzazione e al suo migliore utilizzo.

Le piccole e medie imprese hanno un ruolo chiave in questo scenario, anche secondo Vincenzo Carrozzino del Ministero delle politiche agricole e alimentari; esse costituiscono infatti in gran parte lo scenario agroalimentare italiano, a maggior ragione se si parla di indicazioni geografiche dei prodotti. Basti pensare che si stimano più di 100.000 le imprese italiane produttrici dei circa 190 prodotti Dop e Igp, e circa 265.000 quelle relative ai 467 prodotti vinicoli con indicazione geografica; solo per i primi dieci prodotti Dop/Igp si parla di un volume di consumo sui 10 miliardi di euro.

Il tutto a fronte di una situazione legislativa complessa e multiforme, condizionata da una pluralità di approcci, sia interni che esterni all’Ue, anche sulla validità di queste indicazioni. Infatti, Paesi Terzi (come Stati Uniti, Canada, Australia o Giappone) sono sfavorevoli alle indicazioni d’origine, da difendere e promuovere quindi in quanto valore comunitario, anche a livello di consapevolezza del consumatore.

Coldiretti ha rimarcato allora il bisogno del consumatore di chiarezza e di una comunicazione precisa sul significato di “qualità”, al di là della confusione che si può generare nel momento in cui ci si imbatte nella multiforme etichettatura comunitaria e internazionale, in particolare se si parla di denominazione d’origine e biologico. Inoltre, se è vero che in questi settori si riscontra un incremento dei ricavi dovuto al valore aggiunto del prodotto, ciò comporta per il produttore costi aggiuntivi, a fronte di una percentuale spesso non corrispondente di ricavo che finisce nelle sue tasche.

Proprio l’alleggerimento di una filiera produttiva eccessivamente lunga e il miglior rapporto, anche comunicativo, fra produttore e consumatore è il fulcro di tanti interventi promossi da Coldiretti, come la “filiera agricola tutta italiana” e il “patto con il consumatore”, che valorizzano i prodotti locali e la loro storia, incrementando anche il lavoro delle piccole e medie imprese.

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