il Punto Coldiretti

Sicurezza alimentare, primi risultati dell’analisi della Commissione Ue

La Commissione europea ha diffuso i risultati preliminari del “Fitness check” o controllo di conformità- l’esercizio di valutazione dell’efficacia ed efficienza della General Food Law europea, il regolamento 178/2002 – pietra miliare della sicurezza alimentare dopo la crisi della “mucca Pazza”. Il Re-Fit, che finirà formalmente a dicembre 2015-incorpora nelle sue valutazioni le risposte dei principali stakeholder europei, ma vede anche due studi indipendenti commissionati dall’esecutivo europeo.

Il (Fitness Check copre- oltre al regolamento 178, il sistema di allerta rapido RASFF e anche alcuni aspetti circa l’autorità europea per la sicurezza alimentare EFSA: che sarebbe però esclusa dalla valutazione in quanto tale in quanto già sottoposta a valutazioni indipendenti che richiedono un trattamento particolare.

I risultati di massima sono positivi: e vedono una promozione generale della normativa nel garantire, rispetto al passato, un migliore conseguimento della sicurezza alimentare anche tramite tracciabilità, valutazione centralizzata del rischio a livello europeo, richiamo dei prodotti inadatti al consumo umano o insicuri. La Legislazione Alimentare Generale, raggiungendo gli obbiettivi prefissati, ha visto inoltre miglioramenti considerevoli in tutte le aree.

Rimangono tuttavia alcune zone di incertezza, come espresse dalla stessa Commissione europea, circa la armonizzazione con altre normative alimentari specifiche- così come circa la differenza dell’applicazione dovuta al diversa interpretazione delle autorità nazionali incaricate operativamente dei compiti.

Coldiretti, che ha partecipato alla consultazione pubblica sul regolamento 178 in quanto parte interessata, ha da tempo sottolineato alcuni limiti del regolamento 178, che sembrano andare oltre la portata di un semplice controllo di adeguatezza come è il “REFIT”.
Vediamo quali sono. Innanzitutto, il carico per gli operatori, e soprattutto per le Piccole e Medie Imprese, non è stato adeguatamente riconosciuto dal mercato e da sforzi paritari di promozione del cibo europeo rispetto al cibo di importazione, configurando oneri maggiori in assenza di un ritorno economico adeguato. Nello specifico, i maggiori oneri per le imprese non sempre sono finiti a informare i consumatori, ma si sono limitati ad una comunicazione tra imprese della filiera o tra imprese e controllori.

Poi le procedure di ritiro di prodotti hanno visto standard difformi a seconda delle interpretazioni delle autorità nazionali su prodotto inadatto o insicuro, con incertezza legale per le imprese. Le responsabilità della filiera, inoltre, hanno talvolta faticato a trovare una propria collocazione, in ragione di emergenti aspetti di interazione dei produttori (esempio, prodotti private label, co-packer, responsabilità tra chi confeziona e chi vende…) e anche in ragione di una mancanza di univoca attribuzione delle responsabilità sin dall’inizio e per una carente perimetrazione del 178.

Più in generale, si è rilevato una forte rispondenza rispetto agli obiettivi, anche se crisi emergenti (come l’Horsegate o il Sudan Red o ancora la crisi dell’E.Coli tedesca del 2011) sottolineano alcune falle che – a differenza di quanto dichiara la Commissione- non possono essere imputate semplicemente alla mancanza di armonizzazione del 178 con la legislazione secondaria o con i compiti svolti delle autorità nazionali. E’ in ogni caso positiva l’enfasi su PMI e in particolare su modalità diverse di raggiungere gli obiettivi di sicurezza alimentare con un occhio alla semplificazione e ai costi- come peraltro coerente con la revisione del sistema dei controlli ufficiali. La Commissione europea dovrebbe adottare un documento di lavoro all’inizio del 2016.

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